Gite in montagna

GITE IN MONTAGNA
Landescapes Hard Edge -Tav.n°7- Montagne

A proposito di montagna:

Scrivevo in uno dei miei primi curriculum riguardanti la pittura: “Dopo una vita di lavoro, prima operaio, poi disegnatore tecnico, dedicandomi per curiosità e risparmio, un po’ a tutti i mestieri, non ho trascurato il ciclismo e la montagna, però ora che sono in pensione, sono approdato alla pittura” questo però è un argomento di cui ho già scritto molto. Scrivevi anche: “La mia prima aspirazione è stata rappresentare con colori vivi e luminosi, luoghi e angoli nascosti che sono attorno a noi o sulle nostre montagne”

Posso dire che sono sempre andato in montagna, a volte portavo anche mia moglie poi i figli, ma erano poche gite all’anno come poco era il tempo a disposizione, che dividevo con qualche gita in bici.

Quando sono stato in pensione, il primo imput è stata la bicicletta che ho presto abbandonato dopo qualche problema di postura, mi trovavo molto meglio a camminare, dove andare se non in montagna!

Ho incominciato senza troppe pretese, gite corte fotografando e osservando la natura, ma poi ho capito che potevo fare di più, con un po' di allenamento, con un paio di racchette, mi sarei potuto permettere gite più lunghe e maggiori dislivelli, cosi mi sono lasciato prendere la mano (come faccio un po' in tutte le cose)

Agli inizi ho avuto compagni di viaggio, ma come sappiamo, nel tempo le cose cambiano anche senza volerlo, comunque sono esperienze interessanti, l’unica cosa è che devi adattarti alle decisioni ed al passo degli altri e quindi puoi anche fare delle belle gite se hai un po' di pazienza e accetti gli obiettivi altrui.

Per me la gita in montagna, incominciava già il giorno prima, il controllo delle previsioni, l’importante scelta dell’itinerario, la vallata, un monte, da raggiungere a tutti i costi, poi il giorno della gita potevo partire all’ora che volevo, potevo anche rimandare, era anche una bella scusa per farmi un giro con lo scooter che avevo poche occasioni di usare. Cosi partivo nella frescura del mattino, zaino a spalle e tanta voglia di raggiungere la meta, l’acceleratore sempre al massimo o quasi, intanto ci voleva del tempo ad andare in vallata, le ho percorse tutte, dalla Valle Pesio alla Valle Po, a volte fino a 70 Km di sola andata.

Per poi prepararsi, col caldo, col freddo, l’eccitazione della partenza, il fiato corto e le gambe che si devono scaldare, sei da solo quindi vai al passo che vuoi, il che per me voleva dire discreto.

E poi l’adrenalina, l’importanza delle decisioni da prendere, a volte la scelta dei passaggi, il fermarsi a fare foto, gli appunti per scrivere eventualmente la gita fatta, luoghi, tempi altitudine ecc. tutto faceva parte della mia gita, i miei pensieri sempre attivi colmavano eventuali vuoti della mente.

E cosi dal 2004, per una decina di anni ho percorso le nostre montagne, ho fatto quasi tutti i 3000 della zona, il 2007 l’anno che ho compiuto 60 anni, è stato l’anno che ho fatto più gite 28 e più metri di dislivello in salita 42700 e rotti, la gita più impegnativa sempre di quell’anno, è stata il Mon Viso, partenza da Borgata Castello di Pontechianale, 5 ore e 25 minuti per un dislivello di 2410 metri. La più impressionante è stata la Provenzale, se non altro per i problemi che ho avuto a scendere, e la più pericolosa per il tipo di pietra ed altri inconvenienti, ricordo l’Oronaie. Dal 2012 a causa dell’operazione al menisco destro, ho dovuto ridimensionare il tutto anche se poi mi sono abbastanza ripreso ed ho ancora fatto delle belle gite, fino al 2016 che è partito anche quello sinistro (scendendo dalla macchina) cosi dopo tre operazioni di menisco, ho deciso di sospendere questa magnifica avventura di cui ho molteplici testimonianze tra scritti e foto che vorrei condividere con voi. Riccardo, 26/01/24


 Cima Tempesta e Monte Tibert

Itinerario di fine stagione ma non la solita passeggiata dal santuario di S. Magno, gita abbastanza impegnativa e solitaria nella parte di salita. Partenza in Valle Grana esattamente da Campomolino (1140m)

Prendendo la strada per S. Magno.al primo tourniquet, si prende il sentiero per la Comba di Narbona (palina), si raggiunge in breve il fondo dell'incassato vallone, il sentiero è bello, sembra un paesaggio da fiaba. Si prosegue passando un pò a destra e un pò a sinistra del rio, c'è anche qualche ometto dove serve, la pendenza è giusta per darti il tempo di scaldarti un po. Dopo una ventina di minuti il sentiero si stacca decisamente dal rio salendo sulla sinistra orografica dello stesso, si raggiunge così il sentiero che arriva da destra  dal Colletto (1272m) con minore dislivello ma che risulta a mio parere meno interessante. Svoltando a sinistra con poca pendenza si prosegue per Narbona, passato un rio che scende da Rocca Cernauda, in vista dei ruderi delle grange il Tec, si svolta a destra e dopo una trentina di metri a sinistra passando a monte dei ruderi. Qui il sentiero è un pò umido ma è ben visibile, peccato per qualche albero caduto di traverso. Dopo un pò il diradarsi delle foglie ti permette di vedere sulla destra in lontananza i primi ruderi di Narbona, paese abbandonato da tempo, fatto di case quasi sovrapposte su un costone al riparo dalle valanghe. All'ingresso nel paese (1495m), altri alberi caduti coprono ruderi e sentiero, faccio qualche foto e decido di aggirare il paese sulla sinistra per evitare gli sfasciumi che si trovano negli stretti vicoli del centro. Mentre mangio non mi tengo dal guardare dentro alcune case, mobili e suppellettili sono ancora lì a testimonianza della vita vissuta.

Guadagnando il punto più alto del paese, lascio sulla sinistra il sentiero che attraversando il rio che scende dalla Bassa di Narbona, porta al M.Crocetta (2194m, eventuale scorciatoia per la stessa gita). Salendo con buona pendenza il costone di Narbona, punto verso la Rocca di Cernauda, arrivato verso quota 1900m svolto decisamente a sinistra in direzione della Bassa di Narbona (2207m) che raggiungo dopo 2 ore e 15 minuti dalla partenza. Scollinando a nord-est verso il vallone del Tibert che scende in Valle Maira, si vedono le grange omonime e a sud-est le due punte meta della mia gita (foto). Puntando verso il Tibert, vado a raggiungere senza perdere quota la strada che arriva da Celle di Macra segnata GTA che porta al M.Crocetta (altra possibile scorciatoia), passando vicino alle grange Serra, lascio sulla sinistra il sentiero appena preso proseguendo diritto nel vallone del Tibert. Di qui bisogna scendere perdendo una cinquantina di metri, passando est delle grange Tibert si raggiunge il fondo del vallone puntando direttamente al colle di Intersile (2516m). Volendo si può tagliare a destra su una pietraia e raggiungere una cencia (non pericolosa) sulle pendici nord del M.Tibert che permette di dimezzare il dislivello perso.

Arrivati al colle (circa 1 ora e trenta dalla Bassa di Narbona) vedo le prime persone, di quì ho due possibilità, a sinistra direttamente per il M. Tibert (2647m), a destra per la Punta Tempesta (2679m), per ottimizzare il giro, punto sulla seconda e in mezz'ora sono in punta. Faccio due parole con una signora non più giovane e una ragazza saliti da S. Magno, è quasi mezzogiorno decido cosi di mangiare il mio piccolo pasto, non mi dilungo molto consapevole del fatto che il tempo manca sempre alla fine e che la strada è ancora lunga.

Ridisceso al colle di Intersile, faccio incontrando coppia che va in senso contrario e proseguo per il M. Tibert, altre due signore che sono in procinto di scendere verso il monte Crocetta come penso di fare io, certo oggi non posso dire di sentirmi solo. Non tardo molto che decido di partire anch'io perchè mi piace tornare a casa abbastanza presto, scendendo a ovest verso il monte Crocetta, si trova un pò di roccette e sfasciumi poi tramite dei vallonetti raggiungo la Costa Chiop che divide Castelmagno dalla Comba di Narbona, qui un sentiero abbastanza visibile mi accompagna.  Si segue la cresta evitandola in alcuni punti, lo sguardo sul santuario è notevole, vicino al M. Crocetta arriva dalla destra il sentiero segnato GTA nominato in precedenza e scende verso Castelmagno, incontro altre persone salite dal santuario per prendere il sole visto la bella giornata.

Pochi metri di salita e sono sul Monte Crocetta (2194m) dominato in effetti da una bella croce su un piedistallo di pietra, al posto di scendere direttamente a Castelmagno, opto per una soluzione già pensata in precedenza che mi permette di accorciare la strada asfaltata del ritorno a Campomolino. Senza aspettare oltre, scendo zigzagando in direzione sud, a fondo valle vedo un ricovero per alpeggio, di qui passando a destra del rio Neirone e a sinistra della Punta Castellar, trovo il sentiero indicato sulla cartina che porta direttamente a Chiotti.

Passato il colle di Chiotti, il sentiero non è ben visibile poi si sdoppia in vari passaggi fino a    che sparisce, comunque l'importante è sapere dove si è e dove si vuole andare, di fronte a me avevo Rocca Cucuja e il Passo Borel il cui vallone scende a Chiotti e non mi potevo sbagliare. Difatti dopo poco vedo spuntare tra gli alberi già spogli un campanile, passando presso un ripetitore l'ho raggiunto trovandomi a Chiotti (1526m). Dopo essermi dissetato ad un buona sorgente, ho preso la strada asfaltatura per Campomolino, erano circa le 15 e trenta quando un'auto si è fermata e mi ha chiesto se volevo un passaggio, non ho detto di no pensando al percorso fatto e ai chilometri di asfalto che dovevo ancora percorrere, anche se in discesa.  Così in poco tempo sono stato a Campomolino punto di partenza, bella gita magari un pò lunga che però volendo si può accorciare tagliando verso il monte Crocetta o anche facendosi venire a prendere a Castelmagno.

Riccardo, gita pubblicata su "La Guida" l'11/2007

Monte Tibert  e cima Tempesta, dalla Bassa di Narbona

Monte Plum , attraverso vecchie borgate della Valle Grana

Gita di inizio stagione dove la neve ha già lasciato il posto alle primule. 

Gita a bassa quota con profumi primaverili e panorama splendido, vista sul lato nord della valle ancora abbondantemente innevato. Gita effettuata con mio figlio sabato 29 marzo, partenza 3,5 km dopo Pradleves verso Campomolino, ponte in pietra a destra della strada (ca.1000 m). Partiamo verso le otto e trenta, la temperatura essendo all'ombra è ancora rigida, imboccato il sentiero dopo il ponte e superati un decina di metri un po accidentati, troviamo un bel sentiero che sale zigzagando tra piante di bosso con il loro odore caratteristico. Dopo una decina di minuti siamo già al sole e la striscia d'asfalto si vede già lontana in fondo alla valle. Più avanti, lasciamo sulla destra una deviazione per Cauri indicata da nuovi cartelli,  il sentiero è costellato di primule, in vista della borgata Croce ci fermiamo un momento vicino ad un bel pilone votivo, dietro di noi oltre la vallata, ammiriamo Rocca Cucuja che vista da qui ancora tutta innevata, nonostante la modesta altezza sembra imponente.

Ripreso il cammino in pochi minuti siamo a Croce (1175 m) e già si intravedono alcune case del Colletto raggiungibili tramite un sentiero. Ci dissetiamo alla fontana e proseguiamo per Campofei, la salita si fà più dura, il sentiero serpeggia su un piccola cresta. Dietro a noi, le case del Colletto con la chiesa (delle cui campane avevamo già sentito i rintocchi), il cimitero, la statua della Madonna, si allontanano sempre di più. Proseguendo verso nord-ovest si incontrano le prime grange, il sentiero con un svolta a destra ed una a sinistra, guadagna un costone roccioso su cui se erge Campofei, borgata in stato di abbandono (1489 m). Sarebbe più sicuro aggirarlo sulla sinistra ma volendo far vedere a mio figlio i vari anfratti di questa vecchia borgata, decido di passare in centro. Rami e pietre cadute ostacolano il passaggio, dalle porte aperte delle case, si vedono ancora letti, madie tavoli, armadi e oggetti comuni, le abitazioni si alternano con stalle e fienili. In un ampio locale aperto c'è il forno dove a turni si faceva il pane, già mi immagino la gente del luogo che specie nei lunghi inverni si fermava a chiacchierare, i bambini che erano numerosi giocavano, le donne facevano maglia; un'altra vita. In cima alla borgata c'è una cappella ancora recuperabile, davanti case diroccate, qui arriva una strada da Valliera che volendo si può percorrere accorciando così la gita. Noi proseguiamo per le grange Saria, all'uscita dalla borgata si passa vicino ad una buona sorgente, il sentiero si inerpica inoltrandosi in un altro agglomerato di case alcune ancora in discreto stato, in altre la neve copre i resti del tetto caduto. La salita è abbastanza impegnativa, il sentiero non sempre ben visibile, ci porta verso est, dopo una piccola grangia e un bel pino si ritorna a ovest di un costone. Passando ai bordi di una pineta, il profumo dei pini ci accompagna, ne aggiriamo alcuni che sono caduti e proseguiamo. Lasciata la pineta, incrociamo la strada che dal Colletto raggiunge le grange Saria (1742 m), la percorriamo per un breve tratto e siamo arrivati. Volendo ci si potrebbe fermare qui, di fronte a noi verso sud si vedono tutte le montagne della valle Grana, dal Bram alla Punta dell'Omo al Viribianc e il Viridio, alla Punta Parvo al Tibert alla Punta Tempesta per finire più a nord alla Rocca Cernauda. Visto che è ancora presto, decido di proseguire per Monte Plum, passando a est delle grange, un sentiero aggira il costone roccioso, salendo verso sinistra attraverso una pineta si raggiunge il costone aggirato in precedenza.

Proseguendo verso nord, tra roccette e ciuffi d'erba, si prende quota salendo dapprima un ampio vallone poi tenendosi a ovest della cresta si arriva ad un salto roccioso, seguendone la base verso sinistra, si trovano dei valloncelli che puntando a nord e permettono di salire con una certa tranquillità. Superate le ultime balze, ci si trova davanti alla punta arrotondata del Monte Plum, attraversato un grande nevaio pianeggiante, salgo gli ultimi metri in un prato appena lasciato libero dalla neve e passando sull'ultima neve raggiungo la cima (2081 m). Lo sguardo si apre sulle vallate sottostanti fino alla pianura, una leggera brezza mi consiglia di aspettare a cambiarmi, scattate alcune foto punto verso ovest all’opposto del Colle Margherita (1984 m) dove persiste ancora un po di neve. Sceso alcune decine di metri verso Valliera sono  circa le undici, faccio una sosta, il sole è alto, il cielo è sereno, un elicottero rumoreggia sopra Madonna del Colletto. Riprendo scendendo alla meglio il largo avvallamento costellato di pietrami, non tardo così a raggiungere la strada per il Colletto ed anche mio figlio. Riprendiamo insieme la discesa verso Battuira e Valliera, la strada nelle zone d'ombra è ancora ricoperta dalla neve. Da Valliera in giù, noto che la strada è stata aggiustata, peccato che avvicinandoci al Colletto in certi punti, buona parte del lavoro è stato portato via dall'acqua la cui colpa secondo me è relativa non avendo fatto a dovere i canali i di scolo.

Giunti al Colletto (1272 m) attraversiamo il paese in ristrutturazione, dopo una breve sosta prendiamo il sentiero che scendendo verso est porta a Croce, il campanile della chiesetta batte mezzogiorno. Percorriamo il sentiero che ci porta in fondo al vallone, un ponte in pietra attraversa il rio che in questo periodo ha una buona portata, risalendo una trentina di metri verso sud, arriviamo a Croce dove riprendiamo il sentiero che ci porta a valle. Mentre scendiamo, rivolgiamo ancora lo sguardo ai monti innevati in fondo alla valle Grana, il torrente luccica al sole che ci ha accompagnato in questa bella giornata primaverile.
Riccardo, Inserz.su "La Guida" - 03/08  

Monte Plum e Punta del Mezzogiorno

    Monte Servatun, 2277m - Fontana Fredda - Serre Garb

Gita effettuata mercoledì 17/09/08, partenza da Roaschia Valle Gesso a quota 820 m.

Alla partenza dal parcheggio a destra del paese, mancano quindici minuti alle otto, l'aria è frizzante, seguo l'indicazione per Fontana Fredda, dopo un centinaio di metri, un viottolo sulla sinistra evita di fare il giro alla sorgente Dragonera. Ripresa la strada ora ghiaiosa, proseguo a sud nel vallone della Fredda, in prossimità di un ponticello si rivede l'asfalto ma non dura molto, dopo il quarto ponte sullo stesso rio si svolta a destra, un ometto conferma la direzione. Più avanti la strada diventa sentiero, caratteristici ometti si susseguono con una certa frequenza, in alto il cielo è blu ed il sole illumina i monti davanti a me.
Ora il sentiero taglia a destra attraversando l'asciutto rio, dopo alcuni tornanti avanza brevemente nella vallata per poi infilarsi sempre sulla destra in un boschetto di faggi e raggiungere un leggero costone. Zigzagando dentro e fuori del bosco, si prende quota e si rivede un'ometto, un raggio di sole mi illumina brevemente, ne approfitto per dissetarmi. 
Con una deviazione a sinistra riprendo il folto del bosco verso il centro del vallone, due ometti grandi ed altri piccoli salutano l'uscita dal boschetto, in alto davanti a me spicca il Monte Balur che sovrasta Fontana Fredda. Il suono dei campanacci attira il mio sguardo sulla destra nel vallone che scende dalla Punta del Van, una mandria è al pascolo. Da questo punto, l'itinerario diventa di alta montagna, il sentiero non è molto ripido ma si perde in decine di viottoli ed occorre fare un po di attenzione perchè le mucche hanno lasciato il segno. 
Quasi in fondo al vallone, lascio a destra il Gias Fontana Fredda dove un cane mi saluta con insistenza. La fontana è proprio a centro valle a metà strada tra il Gias ed il colle a sinistra del Balur, la salita si fa più dura comunque non tardo ad arrivare, sono un poco deluso perchè non vedo nessuna indicazione, sono a 1730 m. L'aria è ancora fresca ed il sole è dietro il colle quindi decido di proseguire per fermarmi più avanti e fare una piccola sosta. Sul colle che chiamo della Fredda non vedo indicazioni, presumo quota 1790 m., un ricovero in lamiera mi ripara dalla brezza che arriva da nord, a sud-est si apre il profondo vallone Ciapusa,  un sentiero taglia in quota verso la Costa del Sapè, a sud domina il monte Bussaia, a nord ammiro la pianura ed il M.Viso sempre presente.
Sarebbe già una bella gita visti i circa 970 m. di dislivello che si potrebbe completare facilmente salendo al M.Balur 1827 m.(aggirandolo da sud), o a sud-est al M.Testas 1830 m., ma oggi la mia meta è il M.Servatun. Decido di avviarmi che non sono ancora le dieci, aggirato a sud il M.Balur, seguo un sentiero sulla destra che taglia a mezza costa in direzione del Passo Guardiola, arrivato alle prime balze svolto a sinistra per seguire una traccia in direzione sud che aggirata la base di un costone roccioso, prende quota porta verso la Serra Garb. Di quì fino alla base del M.Servatun, il percorso si fa più impegnativo, raggiunto lo spartiacque con la vallata di Entraque, seguo una traccia verso sud che passa un pò in cresta, un pò sotto cresta lato vallone Ciapusa, alterna tratti pianeggianti con forti riprese di quota. Volendo si possono evitare le quote più alte 2180 m.della Serra Garb, seguendo una traccia che passa più a valle e che comunque dopo la seconda punta sale in cresta e passa per qualche centinaio di metri nel vallone Pautajol sopra Entraque a  circa 2120 m. di quota. Ritornato in cresta il sentiero prende a salire, la meta finale è li davanti in controluce, sembra un pandoro rivestito di erba e spruzzato di neve. Proprio le chiazze di neve più presenti a nord, mi suggeriscono di deviare leggermente a ovest evitandole e raggiungendo prima la cresta, di qui con una svolta verso est si raggiunge la lunga cima quasi pianeggiante del M.Servatun a quota 2277 m. che termina con un ometto di pietre. Il sole è alto, a sud si profila qualche velatura, manca più di mezzora a mezzogiorno, certo che la parte più impegnativa è la Serra Garb e comunque nonostante la modesta altezza della cima, ci sono circa 1500 m. di dislivello. Si ha una bella veduta sulle vallate di Entraque e di Roaschia, il ricovero sul colle della Fredda è piccolo piccolo, a sud il M.Bussaia imbiancato di neve è li a due passi, a ovest sopra il lago della Piastra, il M.Ray e il Lausetto sono in primo piano , a destra fa copolino il M.Matto, verso sud si allunga la catena dell'Argentera, a nord si estende la pianura, il cielo non è limpidissimo ma è comunque una bella giornata. Passata la mezza mi avvio per il ritorno seguendo lo stesso percorso, evitando dove non necessario i tratti di risalita che accompagnano la Serra Garb. In vicinanza del colle decido di fare ancora una puntata sul M.Balur che guarda dall'alto il colle ed il vallone della Fredda, scatto le ultime foto e visto che c'è copertura cellulare (come verso la Punta del Van) faccio un pronto a casa poi riprendo la discesa. In vista di Roaschia, faccio una piccola deviazione alla Fonte Dragonera dove stanno facendo dei lavori di abbellimento, l'acqua è veramente gelida, sono al circa le quindici quando mi avvio al parcheggio soddisfatto per la buona riuscita della gita.
Inserita su La Guida il 09/2008, Riccardo.

Monte Servantun, 2277m, Roaschia CN

     Monte Aiera, Il balcone di Entraque, dove è noto anche come l’Ariauda

 Partenza da S. Giacomo di Entraque a quota 1213 m.
Manca poco alle otto quando attraversato il ponte sul Gesso della Barra, mi avvio verso le ex Palazzine Reali in direzione Pra del Rasur, il tempo è incerto ma dovrebbe migliorare, utilizzando scorciatoie già ben battute, in poco tempo si arriva al Gias dell’Aiera a quota 1349 m. (non segnalato), sulla sinistra della strada si trova una piccola baita davanti alla quale verso nord, si stacca una mulattiera che ben presto si confonde con l’erba diventando sentiero, a volte traccia. Salgo gli ampi tornanti della Costa dell’Aiera alle spalle del Gias, volgendo a nord il sentiero va a sfiorare la piccola forra del Rio Costa dell’Aiera per poi svoltare a destra e immergersi in un boschetto di faggi dove per un tratto si avanza a fatica tra alberi caduti e muretti a secco della vecchia mulattiera, in disfacimento. Quando questa sembra esaurirsi, si svolta a sinistra uscendo dal boschetto, con varie serpentine risalgo la china erbosa, voltandomi verso il Gias già molto basso, lo sguardo spazia dal Vallone del Monte Colomb a quello del Gesso della Barra.
Ripreso il cammino, la traccia sembra perdersi nell’erba, sono alla continua ricerca di un ometto o di una tacca che possa confermarmi la giusta direzione, sopra uno smottamento, un grande masso si tiene aggrappato alla montagna. Ora il percorso mi porta a sinistra in direzione di una guglia della cresta rocciosa che separa la Costa dell’Aiera dalla Valle di Brusà, vicino alla cresta si svolta a destra per riguadagnare la distesa erbosa della Costa con tracce quasi inesistenti. Arrivato in prossimità di una balma formatasi sotto una grossa pietra, punto a sinistra verso un colle, poco evidente dal basso che divide la Costa dell’Aiera dalla profonda Valle dei Brusà a quota 1942 m., due ometti mi attendono, li raggiungo che sono le nove e trenta, vedo anche comparire delle tacche rosse, in tutto questo tratto ne ho contate solo tre ma per fortuna qualche ometto in più si è visto. Dopo un momento di pausa, seguendo le indicazioni punto verso nord, con un pò di attenzione attraverso il tratto più esposto, in leggera discesa e disturbato da cespugli, raggiungendo così la prima forra della Valle dei Brusà (noto che è l’ultima possibilità per rifornirsi di acqua anche se magra e quindi la prima al ritorno). Ripreso il cammino, non tardo a raggiungere la seconda forra, da questo punto la salita si fa più impegnativa, con stretti tornanti si guadagna quota, dopo le iniziali roccette, riprende il pendio erboso, ora ometti e tacche si susseguono con una certa regolarità. Proseguendo nella stessa direzione, risalgo un ampio canale erboso, passando a sinistra di uno sperone rossastro, raggiungo un colletto che si affaccia sulla Valle di Costa Grande a quota 2400 m. circa. Faccio una pausa poi riprendo a est sullo spartiacque tenendomi a destra in posizione di sicurezza, tra roccette e ciuffi d’erba, passo vicino ad un mucchio di pietre con infisso un grosso ramo, può servire da indicazione. Lasciato lo spartiacque, proseguo sulla destra dei primi baluardi dell’Aiera in direzione sud-est, superato un tratto detritico, arrivo al colle che separa il Monte Aiera dalla Punta della Rua e sono a quota 2650 m. Volgendomi a sinistra (N), già vedo la cima che raggiungo in una decina di minuti a 2713 m:, qualche nuvoletta bianca veleggia nel cielo oscurando a tratti il sole ancora caldo, sono le undici e trenta.
Prima di volgere lo sguardo alle vallate sottostanti, mi soffermo davanti alla bianca statua della Madonna, posta su un cumulo di pietre come su un piedestallo che la solleva verso il cielo, ai suoi piedi mazzetti di fiori ormai appassiti, testimoniano la devozione a questa statua, sormontata da una luce alimentata con pannelli solari è rivolta verso Entraque , paese che di qui si vede piccolo al centro dell’ampia vallata costellata di borgate. Su un mucchio di pietre a pochi metri dalla statua, è sistemato il libro di vetta, dopo una piccola ricerca, noto di essere l’undicesimo visitatore di quest’anno, certo non si può dire che questa vetta sia molto frequentata, il dislivello è riguardevole ma ne vale la pena e poi questa statua ti rassicura. Prima di fare il mio spuntino, mi guardo tutt’intorno e scatto alcune foto, noto che non è possibile vedere il Bacino della Piastra, in compenso da nord a est posso ammirare dalla Punta del Van alla Serra Garb, al Monte Bussaia e la Rocca d’Orel. A ovest vedo in lontananza il Monte Matto e più vicino il Colletto di Lourousa che separa l’Asta e L’Oriol dal gruppo dell’Argentera e più in là fino al Brocan. A sud oltre la Punta della Rua e la costiera del Monte Carbonè, spicca il gruppo del Gelas e la Maledia, più vicino proprio qui sotto, il piccolo Lago di Lausa a quota 2314 m.è ancora parzialmente ricoperto da un nevaio che vista la stagione ha buone possibilità di resistere. Alle tredici decido che è ora di scendere e mi avvio per la stessa strada da cui sono salito, non tardo però a rendermi conto che devo fare attenzione e cercare con pazienza ometti e tacche rosse.
In questa gita con un percorso faticoso ma relativamente facile, occorre una certa esperienza nel seguire le tracce, comunque va effettuata con una buona visibilità a causa dell’orientamento spesso precario. Senza ulteriori problemi dopo essermi fermato a rinfrescarmi alla fontana dietro le ex palazzine, alle quindici e trentacinque arrivo soddisfatto della gita a S.Giacomo d’Entraque da dove ero partito.

 Inserz.su La Guida - 09/2009 - Monte Aiera 2713 m - Riccardo

 Monte Aiera, 2713 m



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